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mercoledì 16 gennaio 2008

Calcionetti

"Li Caggnitt" con la "g" dolce è l'esatta pronuncia teramana. Sono dei ravioli fritti di sfoglia sottilissima e con il ripieno di castagna, cioccolato, mandorla e qualche altra scostumatezza deliziosa.
Natale è il periodo in cui ci si riunisce a casa di qualche zia paziente, che continua a tenere vive le tradizioni abruzzesi, e si preparano tonnellate di caggnitt che poi verranno distribuiti a tutto il vicinato e il parentado. Vengono poi riesumati dopo la befana per tutti i ragazzi che rientrano nelle loro città universitarie e da lì ridistribuiti agli amici studenti delle altre regioni italiane che ignorano i succulenti ravioli natalizi abruzzesi.
Come si fanno? Beh zia Velina ha una ricetta tutta sua e le dosi sono alquanto approssimative, lei ci mette occhio e due mani da fata.

il ripieno:
3 kg di castagne (sbucciarle, bollirle e sfarinarle)
2 torroni di mandorle da 450gr (macinarli)
400 gr zucchero
cacao amaro (qualche cucchiaio da tavola)
liquore, 1 bicchiere ( a scelta tra sambuca, cointreau, brandy)
2 tazzine di caffè
400 gr cioccolata fondente (grattuggiata)
Amalgamare bene gli ingredienti

per la sfoglia:
olio di semi 2 bicchieri
2 kg farina
3/4 vino bianco
2 uova
1 cucchiaio zucchero
lavorare bene l'impasto e stendere una sfoglia sottilissima, fare dei ravioli con l'impasto di sopra e poi friggerli in abbondante olio di semi.

Forse le dosi sono un pò eccessive, ma quando si fanno li caggnitt bisogna considerare che nel vassoio ne rimarranno solo un paio, quelli della vergogna.

giovedì 8 marzo 2007

Brodetto di pesce


Il suo segreto è 'na puntarella d sajettì.
Così diceva nonna Gisa che faceva il brodetto più buono della costa abruzzese.
Un'odore penetrante di pesce, aceto, peperone e poi quel profumo che resta addosso dopo una corsa a piedi nudi sulla sabbia, da bambino però. Questo torna alla memoria chiudendo gli occhi e subito l'acquolina in bocca di quel sapore lontano, genuino che ha accompagnato i nostri nonni sin da quando erano fanciulli anch'essi.
Lu sajettì non è altro che il peperoncino, il termine dialettale riconduce difatti alle saette esaltando ancora una volta il magico potere metaforico del dialetto abruzzese.
Beh, che dire questo prelibatissimo piatto ha origini antiche, quando sui pescherecci a largo dell'Adriatico i pescatori erano soliti preparare una succulenta zuppa fatta con ogni varietà di pesce. Si utilizzava quello di terza scelta naturalmente e si aggiungeva nella ricetta l'aceto che era la bevanda che sulle barche sostituiva il vino. Stiamo parlando di tempi in cui "lla Fametta" era lo spettro della maggior parte delle famiglie e quelle dei pescatori non facevano certo eccezione.
Ecco quindi che nella ricetta tramandata quel mezzo bicchiere d'aceto diviene uno degli ingredienti che più caratterizza il brodetto di pesce. Io naturalmente parlo della versione all'abruzzese, quella di nonna Gisa, un capolavoro dell'arte ittica!
Utilizzate tutti i pesci che volete, va bene uno di ogni qualità e disponete sul fondo di un ampio tegame quelli dalla polpa più compatta (es: seppie, calamari, ma anche canocchie, gamberi...), poi uno strato di pomodoro a pezzi, olio, aglio, prezzemolo, peperoncino, peperone a pezzetti, sale, e poi un altro strato di pesce (coda di rospo, gallinella, merluzzetto, triglia, razza, scorfano...). Di nuovo un altro strato di pomodoro a pezzi con odori, non dimenticate mezzo bicchiere di aceto di vino. Lo si fa cuocere a fuoco lento per circa tre quarti d'ora, senza mai toccarlo!!! Si può scuotere un pò il tegame ma per carità mai utilizzare il cucchiaio per muovere il pesce.
Un buon vino bianco secco, magari un Trebbiano d'Abruzzo, è l'ideale quale acompagnamento di questo piatto la cui caratteristica è che non sazia. Sarà che impegna perchè ci vuole una forchetta delicata e una mano esperta che sa spinare ogni qualità di pesce che si incontra, ma sembra quasi di non mangiare per saziarsi.
E' come un passatempo piacevolissimo... e il piacere vuole eternità, profonda eternità.