martedì 22 novembre 2011

Le mazzarelle

Le mazzarelle sono un tipico piatto della cucina teramana. Se capitate a Teramo dovreste farvi invitare da 'Ndonia che le fa deliziose, delicati bocconcini, leggermente piccanti, nghe nu bell ccò de ont, ovvero belle unte d'olio extra vergine.
La ricetta è la seguente:
fegato, polmone e cannaruzzo (la trachea), cuore e animella di agnello. Sgrassarli per bene e tagliarli a listarelle lunghe 5-6 cm, separarli gli uni dagli altri. Lavarli bene con acqua calda e condirli con sale e pepe. Prendere delle foglie di indivia larghe e su ciascuna foglia deporvi un pezzo di ogni interiora con l'aggiunta di prezzemolo, aglio a foglia, cipolla a foglia e maggiorana. Chiudere la foglia di insalata con del budello di agnello a mo' di involtino, fateli piccoli per carità, sono più gustosi. Lessare le mazzarelle in acqua bollente per soli 2 minuti. Deporle in un tegame con olio, vino bianco e acqua e aggiungere aglio a foglia, cipolla a foglia, prezzemolo e maggiorana. Cucinarle a fiamma media fino a far ritirare l'acqua, aggiungere poi 3 o 4 cucchiai di salsa di pomodoro e un pizzico di sale. Far cucinare il pomodoro e passarle in forno per 5 minuti. Deliziose, immancabili a Pasqua, e sfiziose in ogni occasione di festa.

sabato 30 gennaio 2010

La salsiccia fatta in casa. Preparazione e dosi

La salsiccia o per meglio dire la saggiccia, è uno dei salumi preferiti dagli abruzzesi. Avete presente quella morbidissima carne spalmabile su una buona fetta di pane, magari quello di Campli, che si mangia per assaggio, non per fame.
Il periodo dell'anno migliore per la produzione delle salsicce dalle mie parti, e in genere di tutti gli insaccati suini, è dicembre e quest'anno mi sono appassionata alla produzione di salsiccia perchè ho deciso di rifiutarmi di mangiare i commerciali insaccati contenenti nitriti e nitrati (controllate la presenza di questi codici sulle etichette: E250, E249, E251, E252) per chi vuole approfondire su Wikipedia c'è una pagina dedicata agli Additivi Alimentari.
Fate caso al colore delle salsicce di produzione propria contenenti solo sale, non saranno mai rosse come quelle contenenti additivi, ma con il tempo tendenti al marroncino.
Ecco la mia esperienza con mio padre.
Per circa 10 kg di salsicce occorre una spalla di maiale di ca 7 kg e una pancetta magra senza cotenna di 3 kg ca.
È necessario un tritacarne per fare insaccati e tritare la carne abbastanza sottile, ricordo che voglio fare la salsiccia da spalmare sul pane.
Una volta tritata la carne grattuggiare la buccia di due arance, tritare 3 spicchi d'aglio, un po' di pepe nero e sale al 2,5% del peso, in questo caso per 10 kg occorre 250 gr di sale fino. Se le salsicce invece di spalmarle le si vuole mangiare cotte allora il sale va al 2% e la carne va tritata un po' più spessa.
Amalgamare bene il tutto con le mani, consiglio di prendere un po' di carne così preparata e farla saltare in una padella antiaderente, ultimamente ho apprezzato quelle rivestite in porcellana, per controllare che sia ok, del resto il momento più emozionante è l'assaggio.
Sono necessarie le budella apposite per le salsicce, le trovate sia al supermercato che dal macellaio, vanno lavate bene con il vino bianco, fate passare il vino all'interno della budella aiutandovi con un imbuto, poi mettete le budella in acqua tiepida. A questo punto vanno riempite nella apposita macchinetta che da tritacarne si è trasformata in budella riempitrice. L'operazione è delicata perchè le budella potrebbero lacerarsi, è bene accompagnare la salsiccia che esce con le mani e punzecchiare con un ago la budella per evitare che rimanga aria all'interno.
Bene, alla fine di tutto con dello spago la leghiamo formando salsicce di lunghezza regolare tra loro, circa 10 cm.
Le salsicce vanno poste su una canna e per due o tre giorni (anche solo la notte) vicino al camino o comunque in un luogo molto asciutto. Dopo una settimana o poco più sono quindi già pronte per essere spalmate sul pane.
Quando iniziano ad indurirsi un po', ovvero dopo qualche settimana, possono essere conservate sott'olio, così manterranno il loro sapore fresco e l'aspetto roseo, alla faccia dei nitriti e dei nitrati!
Buon appetito e come dice Arci: "Sega sega mastro Ciccio la spianata e la saggiccia"

mercoledì 11 marzo 2009

Il Parrozzo


La ricetta di questo dolce tipico della tradizione abruzzese risale al 1920 quando un certo D'Amico decise di rielaborare “dolcemente” la ricetta del pane di granoturco che i contadini solevano chiamare pan rozzo. Il primo ad assaggiare il dolce fu Gabriele D'Annunzio che entusiasta ne suggerì il nome e compose dei versi in dialetto che furono poi trasposti dall'umanista De Titta nella Canzone del Parrozzo.

Di seguito la ricetta:
100 gr di farina per dolci o di semolino o farina di mais
100 gr di mandorle
5 uova intere più un tuorlo
150 gr di zucchero
80 gr burro
La buccia grattugiata di un limone o di un’arancia
una bustina di lievito

150 gr di cioccolato fondente

Sbattere le uova e incorporare farina zucchero lievito e burro. Far bollire le mandorle, sbucciarle, tritarle e unirle all'impasto assieme alla buccia grattuggiata del limone. Versare il tutto in uno stampo e infornare a 180° per circa 40 minuti. Una volta ultimata la cottura lasciar raffreddare il dolce, sciogliere il cioccolato fondente a bagno maria e ricoprire il parrozzo. Attendere poi che il cioccolato si raffermi prima di tagliare la prima fetta.
A questo punto mi pare doveroso condividere con voi la variazione di zia Adua ovvero aggiungere all'impasto un cucchiaio da cucina di polvere di caffè che dona al dolce l'aspetto di un rozzo pane di mais con l'aggiunta di farina integrale.
Il tradizionale stampo a forma di cupola l'ho sostituito con uno rettangolare, per intenderci quello tipico del plum cake.

giovedì 2 ottobre 2008

Pappardelle alle panocchie


Una bestemmia associare le pappardelle alle panocchie anzichè alla papera?
Provatele e poi mi dite.
Le a me tanto care canocchie o cicale, da noi "stracciavocca", sono ottime semplicemente bollite e condite con olio, prezzemolo, aglio, peperoncino e un pò di succo di limone.
Sono inoltre speciali come primo piatto con la pasta. Soffriggere aglio e olio con un pò di peperoncino, aggiungere qualche pomodorino e poi le panocchie, una spruzzatina di frizzantino, dieci minuti ed è pronto.
Per caso avevo delle pappardelle all'uovo, ero restia, ma poi ho ceduto e le ho abboccate nell'acqua bollente. A cottura ultimata le ho fatte saltare in padella con le panocchie e servito con un pò di prezzemolo fresco.
Provare per credere!

lunedì 31 marzo 2008

Olive all'ascolana o all'abruzzese?



Le olive all'ascolana assieme ai cremini rappresentano gli antipasti e i compagni più fedeli degli aperitivi nei locali marchigiani, ma sono allo stesso tempo una classica abitudine dei pranzi in famiglia. "O figlio si rrivenuto, mo ti friggo du livette!" così esordisce ad esempio una mamma di Monteprandone.
Preparare le olive ripiene di carne macinata richiede pazienza e tempo, anche perchè quando si inizia la fatica si arriva di solito a numeri a 4 cifre, 1000, 2000 olive ripiene che poi vengono imbustate e conservate nel congelatore. Ecco perchè quando si torna a casa le si trova sempre sulla tavola.
Si usano olive abbastanza grandi, meglio se un pò amarognole, bisogna snocciolarle e poi riempirle di carne macinata, passarle nella farina, nell'uovo sbattuto e poi nel pangrattato.
All'ascolana sono con la carne cucinata, saltata in padella con gli odori, noce moscata, un pò di parmigiano e un uovo per legare.
All'abruzzese la carne va cruda, ovvero la si prepara alla stessa maniera con gli odori, il parmigiano, l'uovo, e la si mette nelle olive cruda.
La differenza? C'è. Buonissime entrambe le versioni anche se preferisco la versione abruzzese, come si può intuire, è una questione di consistenza.
La carne nella versione abruzzese si cuoce al momento della frittura e quindi rimane più compatta e meno sfarinosa della carne già cotta della versione ascolana.
E' proprio vero c'è chi la vo' cotta e chi la vo' cruda!

venerdì 8 febbraio 2008

Pepatelli









Dolci? Si un po'.

Pepati? Abbastanza.

Teneri o duri? Alla ganascia

Prima o dopo il caffè? Sicuramente non inzuppati nel caffè.

Facili da preparare, altrettanto semplice consumarli. Non vi è un periodo preciso dell'anno in cui vengono proposti. Io me li trovo davanti sempre a natale, ma solo perchè Giotto decide che quello è il periodo giusto, o forse perchè lui ammassa una volta l'anno.

Giotto è un'artista preciso e li prepara così:

500 gr di miele fluido

500 gr di farina integrale

un po' di pepe (non esagerate altrimenti raca troppo)

la buccia di un arancia grattuggiata

350 gr. di mandorle con la buccia

Si impasta il tutto e si formano dei torroni alti ca. 2-3 cm, si infornano a 200 gradi per circa mezz'ora. Una volta tolti dal forno bisogna tagliarli sottilmente prima che diventino freddi, altrimenti addio.

Buon appetito e attenti ai denti, anzi ai dentisti.


mercoledì 16 gennaio 2008

Calcionetti

"Li Caggnitt" con la "g" dolce è l'esatta pronuncia teramana. Sono dei ravioli fritti di sfoglia sottilissima e con il ripieno di castagna, cioccolato, mandorla e qualche altra scostumatezza deliziosa.
Natale è il periodo in cui ci si riunisce a casa di qualche zia paziente, che continua a tenere vive le tradizioni abruzzesi, e si preparano tonnellate di caggnitt che poi verranno distribuiti a tutto il vicinato e il parentado. Vengono poi riesumati dopo la befana per tutti i ragazzi che rientrano nelle loro città universitarie e da lì ridistribuiti agli amici studenti delle altre regioni italiane che ignorano i succulenti ravioli natalizi abruzzesi.
Come si fanno? Beh zia Velina ha una ricetta tutta sua e le dosi sono alquanto approssimative, lei ci mette occhio e due mani da fata.

il ripieno:
3 kg di castagne (sbucciarle, bollirle e sfarinarle)
2 torroni di mandorle da 450gr (macinarli)
400 gr zucchero
cacao amaro (qualche cucchiaio da tavola)
liquore, 1 bicchiere ( a scelta tra sambuca, cointreau, brandy)
2 tazzine di caffè
400 gr cioccolata fondente (grattuggiata)
Amalgamare bene gli ingredienti

per la sfoglia:
olio di semi 2 bicchieri
2 kg farina
3/4 vino bianco
2 uova
1 cucchiaio zucchero
lavorare bene l'impasto e stendere una sfoglia sottilissima, fare dei ravioli con l'impasto di sopra e poi friggerli in abbondante olio di semi.

Forse le dosi sono un pò eccessive, ma quando si fanno li caggnitt bisogna considerare che nel vassoio ne rimarranno solo un paio, quelli della vergogna.